martedì 11 dicembre 2012

ESSERE BODHISATTVA NEL BUDDISMO MAHAYANA


(tratto da Wikipedia)

Il bodhisattva nel Buddhismo Mahāyāna [modifica]

Nāgārjuna (II secolo d.C.) considerato il padre delBuddhismo Mahāyāna e Vajrayānain una stampa cinese.
Ritratto del monaco giapponesezen Dōgen (1200-1253) conservato presso il tempioHōkyō-ji (宝慶寺) in Giappone,Prefettura di Fukui.
Guàndǐng (灌頂, 561-632) fu uno dei patriarchi delBuddhismo Tiāntái.
Nichiren (日蓮,, 1222-1282), maestro buddhista giapponese.
Gampopa, maestro buddhista tibetano dell'XI secolo.
Secondo le dottrine del Buddhismo Mahāyāna, invece, lo stato di buddha può essere conseguito da qualsiasi "essere senziente", possedendo ogni "essere senziente" la "natura di buddha" (tathāgatagarbha).
Ne consegue che chiunque pronunci con sincerità il voto di bodhisattva(praṇidhāna) è un bodhisattva e col prosieguo del tempo può realizzare la piena "buddhità" (anuttarā-samyak-saṃbodhi) e divenire esso stesso unbuddha perfettamente illuminato (samyaksaṃbuddha).
Il voto del bodhisattva (praṇidhāna) nella letteratura religiosa Mahāyāna richiama inequivocabilmente il desiderio di condividere la bodhi con tutti gliesseri senzienti, così il Prajñāpāramitāsūtra più antico (composto a cavallo della nostra Era), l'Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitā:
« Collocherò me stesso nella "talità" (tathātā[4]) e, in modo che tutto il mondo possa essere soccorso, collocherò tutti gli esseri nella "talità", e condurrò al nirvāṇa il mondo innumerevole degli esseri senzienti »
(Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitā)
Da tener presente che l'intera letteratura Mahāyāna insiste sulla vacuità di tutto il Reale e quindi sull'inesistenza di qualsiasi "essere" dal salvare:
« Per quanto innumerevoli siano gli esseri in tal modo guidati verso il Nirvana proprio nessun essere è stato guidato verso il Nirvana. Perché? Se in un bodhisattva dovesse intervenire la nozione di unessere, egli non potrebbe venire chiamato bodhisattva. E perché? Non si dovrà chiamare bodhisattva colui nel quale interviene la nozione di un essere, o la nozione di un' anima vivente o di una persona »
(Vajracchedikā-prajñāpāramitā-sūtra, 3)
Per questa ragione, ricorda Paul Williams[5], per il Mahāyāna tutti alla fine dovranno pronunciare il "voto" del bodhisattva per acquisire lo stato di buddhaa beneficio di tutti gli esseri.
Sempre per questa ragione Paul Williams[6] evidenzia che:
« Si noti, ed è un punto importante, che alla luce di tutto ciò è troppo semplicistico parlare semplicemente di nirvāṇa nel contesto del buddhismo mahāyāna. [...] È usuale nei testi mahāyāna contrapporre ilnirvāṇa al saṃsāra, salvo poi dire che il bodhisattva, e quindi un Buddha, ottenendo la libertà dalla sofferenza ma non abbandonando gli esseri che sono ancora nel saṃsāra oltrepassa la dualitànirvāṇa-saṃsāra. Lo stato di illuminazione ottenuto da un Buddha viene perciò chiamato "nirvāṇa non dimorante" o "non determinato" (apratiṣṭhitanirvāṇa»
(Paul Williams. Op.cit.)
Ma anche:
« Diventa allora molto difficile dire, come fanno molti libri diffusi in Occidente, che il bodhisattva pospone il nirvāṇa. Quale nirvāṇa si suppone posponga? »
(Paul Williams. Op.cit.)
Philippe Cornu[7], nella ricordare la suddivisione di bodhisattva d'"intelligenza graduale" (ovvero il seguace dello Hinayāna che pur avendo superato gli oscuramenti passionali deve ancora superare quelli cognitivi), da quello di "intelligenza immediata" (che prende i voti da bodhisattva fin dall'inizio del suo cammino di perfezionamento), evidenzia che quest'ultimo non "entra nella corrente" (śrota āpanna[8]) poiché la corrente che consente il nirvāṇa è imperfetta dal punto di vista dei bodhisattva. Non solo il bodhisattva:
« Non diventa quindi nemmeno un sakṛdāgāmin, "colui che torna una sola volta"[9], perché accetta di attraversare innumerevoli rinascite. A maggior ragione non diventa un "senza ritorno" (sans. anāgāmin[10]) perché esce dai dhyāna per rinascere nel regno del desiderio (sans.kāmadhātu). Ma quando raggiunge la perfetta Illuminazione abbandona non soltanto gli oscuramenti delle passioni diventando così un arhat, ma anche quelli della conoscenza diventando un tathāgataonnisciente. »
(Philippe Cornu. Op.cit.)
In ultima analisi:
« I testi del Mahāyāna propongono che il fine della pratica religiosa propriamente concepita non sia nulla di meno che l'intuizione universale ottenuta dal Buddha, ossia che l'obiettivo della pratica religiosa sia la buddhità stessa. [...] E per di più, secondo alcuni testi mahāyānici è, di fatto, l'unica via reale predicata dal Buddha. Tutte le altre soteriologie, asseriscono tali testi, non sono che semplici strategie impiegate dal Buddha contro coloro la cui comprensione non era sufficiente sviluppata per gli insegnamenti del Mahāyāna »
(Nakamura HajimeOp. cit.)
Lo stato di buddha è quindi l'obiettivo da conseguire per i mahāyānisti. Il percorso per raggiungere tale stato si avvia con la scelta di divenire un bodhisattva, adoperandosi per la liberazione di tutti gli esseri senzienti. Siccome la dottrina della vacuità (dottrina centrale per i mahāyānisti) insegna che non c'è alcun fenomeno separato dall'altro, allora non vi può essere alcuna "liberazione" individuale, tutti realizzeranno la bodhi.
La "inconciliabilità" tra illuminazione realizzata da un Buddha e la sofferenza di un "essere senziente" (e quindi la necessità di intervento di buddha ebodhisattva nel mondo) viene nelle scuole risolta secondo la dialetticamadhyamaka: la verità assoluta (paramārtha-satya o śūnyatā-satya) richiama costantemente la vacuità (śūnyatā) e in questo senso non c'è alcuna differenza tra gli esseri senzienti e i Buddha, anzi non ci sono "esseri senzienti"; sul piano della "verità convenzionale" (o "relativa", sans. saṃvṛti-satya) tali differenze esistono. La sintesi di queste due verità o "verità della Via di mezzo" (mādhya-satya) rende conto di ambedue e della loro inconciliabilità:
(SA)
« yaḥ pratītyasamutpādaḥ śunyātāṃ tāṃ pracakṣmahe sā prajñaptirupādāya pratipat saiva madhyamā »
(IT)
« La coproduzione condizionata, questa e non altra noi chiamiamo la vacuità. La vacuità è una designazione metaforica. Questa e non altro il Cammino di mezzo[11] »
(NāgārjunaMūlamadhyamakakārikā, XXIV, 18)
In questo modo come il nirvāṇa è il saṃsāra, e quindi la stessa vita quotidiana, l'azione del buddha corrisponde all'azione del bodhisattva tesa a realizzare l'"illuminazione", essa stessa è illuminazione. Per il mahāyānista quindi è la vita quotidiana a rappresentare la "Realtà ultima" e il Nirvāṇa stesso e le azioni tese a realizzare questa consapevolezza ovvero la "vita pratica" sono esse stesse illuminazione.
« Il saṃsara è in nulla differente dal nirvāna. Il nirvāna è in nulla differente dal saṃsara. I confini del nirvānasono i confini del saṃsara»
(NāgārjunaMūlamadhyamakakārikā)
« Nel Buddhismo non c'è nessun nirvāna separato dal ciclo di vita morte [...]; non c'è nessun Dharma buddhista al di fuori della vita quotidiana »
(DōgenShōbōgenzō[12])
« Dunque, la concezione per cui pratica e illuminazione non sono la stessa cosa è un punto di vista non buddhista. Dal punto di vista del buddhismo, pratica e illuminazione sono una cosa sola. Poiché in qualsiasi momento si tratta di pratica nell'illuminazione, la pratica del principiante è il vero corpo dell'illuminazione »
(DōgenBendōwa in Aldo Tollini Pratica e illuminazione nello Shōbōgenzō. Roma, Ubaldini, 2001, pagg. 137-8)
« Mente, Buddha, esseri senzienti sono, parimenti, [la Via di mezzo]. Poiché tutti gli aggregati e le forme di sensibilità sono la realtà così come è, non c’è alcuna sofferenza da cui liberarsi. Poiché la nescienza e le afflizioni sono identiche al corpo illuminato, non c’è alcuna origine della sofferenza da sradicare. Poiché i due punti di vista estremi sono il Mezzo e le visioni erronee sono la Verità, non c’è alcun percorso da praticare. Poiché il samsara è identico al nirvana, non c’è alcuna estinzione [della sofferenza] da realizzare. Non essendoci né sofferenza né origine della sofferenza, nulla vi è di mondano; non essendoci né sentiero né estinzione, nulla vi è di sopramondano. C’è una sola, pura Realtà; non c’è nessuna entità al di fuori di essa. La tranquillità della natura ultima di tutte le entità è detta "calma"; il suo perenne splendore è detta "consapevolezza". »
(Guàndǐng, 灌頂, Yuándùn Zhǐguān 圓頓止觀)
« Questo è l'insegnamento più importante. È l'insegnamento che 'i desideri terreni sono Illuminazione' e 'le sofferenze di vita e morte sono Nirvana' ... Le sofferenze diventano Nirvana quando si comprende che l'entità della vita umana non viene né generata né distrutta nel suo ciclo di nascita e di morte. »
(NichirenGosho)
« La consapevolezza che vede la Realtà come è,
E' priva di smarrimento, è concentrazione e non lavorio mentale.
La consapevolezza della Realta come si manifesta
e' smarrimento, successiva conoscenza e lavorio mentale. »
(GampopaIl prezioso ornamento di Liberazione[13])

Gli appellativi del bodhisattva [modifica]

La letteratura Mahāyāna offre diversi sinonimi o appellativi del termine bodhisattva. Una lista piuttosto completa la si riscontra nel Mahāyānasūtrālaṃkāra (L'ornamento del discorso del Veicolo Universale)[14] dove, nel XIX capitolo ai versi 73-4 viene riportato questo elenco di quindici appellativi:
  1. mahāsattva: grande essere;
  2. dhīmat: saggio;
  3. uttamadyut: luminosissimo
  4. jinaputra: figlio del Vittorioso (del Buddha)
  5. jinādhāra: legato al Vittorioso (al Buddha)
  6. vietṛ: conquistatore;
  7. jināṅkura: discendenza del Vittorioso (del Buddha);
  8. īśvara: signore;
  9. vikrānta: audace;
  10. mahāyaśas vasta gloria;
  11. paramāścarya: il meraviglioso;
  12. kṛpālu: compassionevole;
  13. dhārmika: giusto;
  14. mahāpuṇya: grandemente meritevole;
  15. sārthavāha: guida delle carovane.

La Via del bodhisattva (bodhisattvayāna) [modifica]

Il percorso di perfezionamento spirituale caratteristico del Buddhismo Mahāyāna è indicato come "Via delbodhisattva" (o Veicolo del bodhisattvasanscrito bodhisattvayāna).
L'ingresso in questa "Via" si intraprende nel momento in cui il praticante mahāyāna realizza per la prima volta l'"aspirazione a conseguire l'Illuminazione" (bodhicitta), pronuncia il voto del Bodhisattva (praṇidhāna) a favore di tutti gli esseri senzienti e si impegna a praticare le "perfezioni" (pāramitā) e a rispettare i "precetti" (bodhisattvasaṃvara).
Da quel momento il bodhisattva si incammina lungo un percorso spirituale descritto in differenti modi dalle varie scuole Mahāyāna. Nelle scuole di origine Yogacara (dette anche Vijñānavāda o Cittamātra) ad esempio egli si avvia a percorrere i "cinque sentieri" (pañca-mārga).
Con l'inizio del terzo di questi "cinque sentieri", il bodhisattva diviene un āryabodhisattva avviandosi quindi ad entrare nelle "terre" (bhūmi) dei bodhisattva, indicate come dieci (daśa bhūmi). Anche queste terre vengono denominate e descritte in differenti modi dalle diverse scuole.
Raggiunta e completata l'ultima delle "dieci terre", denominata come Dharmameghabhūmi (Terra delle nuvole del Dharma, in alcune scuole indicata come Buddhabhūmi o anche Tāthāgatabhūmi) il bodhisattva acquisisce lo stato di Samyaksaṃbuddha (Buddha perfetto) potendo far "piovere" il Dharma su tutti gli esseri senzienti[15].

Il bodhisattva e l'aspirazione a conseguire l'Illuminazione" (bodhicitta) [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Bodhicitta.
Avalokiteśvara (tib. sPyan-ras-gzigs dbang-phyug) nella tradizione tibetana. Questo Avalokiteśvara è dipinto comeṢaḍakṣarin (Signore delle sei sillabe: Ṣaḍ-akṣara) ovvero delmantra Oṃ Maṇi Padme Hūṃ. In qualità di Ṣaḍakṣarin, Avalokiteśvara sta seduto a gambe incrociate (padmāsana). Con le quattro mani regge: con la destra un rosario (Akṣamālā, in genere composto da 108 grani, ma in questo dipinto è composto dal sottomultiplo di 54) dove per ogni grano recita il mantra; con la sinistra regge un fiore di loto(padma) simbolo della purezza; con la coppia delle mani centrali, Avalokiteśvara regge una pietra preziosa denominata cintāmaṇi(pietra preziosa del pensiero) pronta ad esaudire ogni desiderio e qui rappresentata da un cristallo ovale di colore azzurro.
Il bodhisattva mahāsattvaMañjuśrī in una rappresentazione giapponese del XVI secolo conservata al British Museum. Mañjuśrī (giapp. 文殊 Monju) viene qui rappresentato come Siṃhāsana Mañjuśrī(Mañjuśrī a dorso di un leone ruggente). Tale raffigurazione ricorda la leggenda asiatica di un leone che aveva fatto resuscitare con un ruggito i propri cuccioli nati morti. La rappresentazione del "leone ruggente" richiama in Asiala capacità di provocare la rinascita spirituale. Mañjuśrī impugna con la mano destra la "spada" (khaḍga) ad indicare la distruzione dell'ignoranza (avidyā), mentre con la mano sinistra regge un rotolo dei Prajñāpāramitāsūtracon cui infonde la "sapienza" (prajñā).
La bodhisattva mahāsattvaPrajñāpāramitā (Giava). Le mani sono poste nell'attivazione della Ruota del Dharma(dharmacakrapravartanamudrā). Pollice e indice della mano destra si toccano a formare al Ruota del Dharma, mentre quelle della sinistra la mettono in movimento. In quanto bodhisattva mahāsattvaindossa una corona a "cinque foglie" (o "punte") che la indicano come una entità non soggetta alle leggi naturali.
L'avvio del percorso spirituale del bodhisattva consiste nello sviluppare la "mente del Risveglio" ovvero il pensiero di ottenere l'"Illuminazione" per il bene di tutti gli esseri senzienti:
« Sono il protettore dei non protetti, il capocarovana dei viaggiatori. Sono diventato la barca, la strada e il ponte di coloro che desiderano raggiungere l'altra riva. Possa io essere una luce per coloro che hanno bisogno di luce. Possa io essere un letto per coloro che hanno bisogno di riposo. Possa io essere un servo per coloro che hanno bisogno di servigi, per tutti gli esseri incarnati. [...] Così possa io essere di sostentamento in molti modi per il regno degli esseri innumerevoli che dimorano in ogni parte dello spazio, finché tutti non abbiano ottenuto la liberazione. Nello stesso modo in cui i Sugata passati assunsero la mente del risveglio, nello stesso modo in cui essi progredirono nell'addestramento del bodhisattva. Così ecco io stesso genererò la mente del risveglio per il benessere del mondo, e proprio così mi addestrerò in quei precetti secondo l'ordine dovuto. »
(ŚāntidevaBodhicaryāvatāra, cap. II "Adozione della mente del risveglio". Roma, Ubaldini, 1998 pag.59)

Il voto del Bodhisattva (praṇidhāna) [modifica]

L'ingresso nella "Via del bodhisattva" (bodhisattvayāna, Veicolo dei bodhisattva) è preceduto da un voto pronunciato da un monaco o da un laico di fronte al proprio maestro e, idealmente, di fronte all'assemblea dei buddha.
Esistono diverse forme di voto del bodhisattva ma tutte si fondano sulla ferma decisione di raggiungere la bodhi al fine di salvare tutti gli esseri senzienti.

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Voto del Bodhisattva.

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